Progetto Salute RSC

Laboratorio sull’antiziganismo e stigma

Nell’ambito del Progetto Salute – Promozione di strategie e strumenti per l’equità nell’accesso all’assistenza sanitaria di Rom, Sinti e Caminanti – (CUP J81E17000500006-COD PCM_19_01) è stato organizzato l’evento formativo Promuovere la salute di Rom Sinti e Caminanti: un percorso per il superamento dello stigma e l’inclusione.

Il corso si è svolto ad aprile in modalità telematica e ha previsto tre moduli didattici (15, 22, 29 aprile 2021) durante i quali si sono alternati momenti di didattica frontale con attività di gruppo. Quest’ultima è stata animata principalmente dal Laboratorio sull’antiziganismo e stigma.

Il laboratorio aveva come obiettivo quello di far riflettere criticamente i partecipanti sui loro eventuali pregiudizi o stereotipi nei confronti della popolazione RSC e si è sviluppato lungo tutta la durata del corso.

Il primo giorno (15 aprile), ai partecipanti è stato chiesto di riflettere e rispondere per iscritto alle seguenti domande:

  1. Ti rendi conto che ultimamente i tuoi impegni lavorativi e famigliari sono aumentati molto e avresti proprio bisogno di una persona che ti aiuti nelle faccende di casa. Chiedi ad amici e colleghi se hanno delle persone da presentarti ma la tua ricerca non ha successo; così rispondi ad un annuncio che hai trovato attaccato sulla bacheca condominiale. Quando incontri la persona ti accorgi che è una donna Rom. Cosa pensi in quel momento? Cosa decidi di fare?
  2. Hai saputo che nell’appartamento vicino al tuo si trasferirà una famiglia. Il giorno del loro arrivo li incontri sul pianerottolo e capisci che sono una famiglia Rom. Cosa pensi in quel momento?
  3. Ti viene chiesto di effettuare una visita domiciliare per la valutazione del bisogno socio-sanitario di un paziente. Nel verificare l’indirizzo scopri che la persona vive all’interno di un campo rom. Cosa pensi in quel momento? Come pensi di organizzare la visita?”
  4. Al tuo servizio giunge una donna di 33 anni alla sua nona gravidanza, per una condizione di gravidanza a rischio e bisogno di supporto sociale per gli otto figli. Parlando con la donna scopri che ha diversi precedenti penali e diverse condanne a suo carico mai scontate per rinvii nell’esecuzione della pena dovuti alle precedenti gravidanze. Come ti poni nella presa in carico di questa donna?

Successivamente, c’è stato un momento di confronto durante il quale è stato chiesto ai partecipanti di condividere come era stato rispondere a quelle domande.

Nei giorni successivi al primo incontro, i facilitatori del laboratorio hanno raccolto le risposte cercando di raggrupparle per categorie.

Al termine del corso, durante l’ultima giornata, è stato organizzato un momento di restituzione delle risposte. Per ogni domanda, sono state presentate le risposte “tipo” fornite dai partecipanti. Di seguito riportiamo la restituzione delle risposte per singola domanda.

DOMANDA RISPOSTA COMMENTO
1. Ti rendi conto che ultimamente i tuoi impegni lavorativi e famigliari sono aumentati molto e avresti proprio bisogno di una persona che ti aiuti nelle faccende di casa. Chiedi ad amici e colleghi se hanno delle persone da presentarti ma la tua ricerca non ha successo; così rispondi ad un annuncio che hai trovato attaccato sulla bacheca condominiale. Quando incontri la persona ti accorgi che è una donna Rom. Cosa pensi in quel momento? Cosa decidi di fare? …Come per qualsiasi altra persona, senza alcun pregiudizio e indipendentemente da tutto, valuto la persona oggettivamente e le faccio fare un periodo di prova Questa tipologia di risposta è stata fornita dalla maggior parte dei partecipanti. In questo caso, sembra esserci il tentativo di neutralizzare qualunque tipo di pregiudizio facendo ricorso a dei parametri oggettivi di valutazione.
…Dopo iniziale diffidenza; titubanza; spiazzamento; preoccupazione e imbarazzo a causa di quelli che riconosco essere dei pregiudizi, decido di conoscerla e valutare in base alla sua esperienza, alle mie e sue esigenze e all’impressione che ne ricevo.   I partecipanti che hanno dato questa risposta, sono partiti dall’ascolto delle loro reazioni emotive, generate forse da alcuni pregiudizi. Consapevoli dei loro pregiudizi e delle loro eventuali paure decidono di mettersi in relazione con l’altro e vedere cosa succede.
Maggiore attenzione e controllo Non l’assumerebbe Un numero minimo di partecipanti (due persone) ha dichiarato che o non l’assumerebbe o metterebbe in atto un maggior controllo. In questo caso, l’immagine stereotipata che si ha dell’altro sembra avere la meglio rispetto al lavoro di consapevolezza dei propri pregiudizi e cercare di superarli andando verso l’altro.
eventuali vessazioni in caso di licenziamento paura di subire piccoli furti Questi sono alcuni esempi di paure condivise dai partecipanti.
2. Hai saputo che nell’appartamento vicino al tuo si trasferirà una famiglia. Il giorno del loro arrivo li incontri sul pianerottolo e capisci che sono una famiglia Rom. Cosa pensi in quel momento? …Non penso nulla/sono come qualsiasi altra famiglia… Fino a quando si comportano correttamente   Questa è la tipologia di risposta fornita dalla maggior parte dei corsisti. Come per la prima domanda, sembrerebbe esserci all’opera un tentativo di neutralizzare qualsiasi forma di possibile conflitto (interno/esterno) derivante dall’esposizione alla diversità affermando di “non pensare nulla” o di equipararla a “qualsiasi altra famiglia”.
…Per prima cosa li saluto, mi presento, cerco di instaurare un dialogo e rapporti di buon vicinato.  Questo gruppo di risposte cerca di costruire una relazione con l’altro a partire proprio dalla consapevolezza dei propri pregiudizi.
…Sarei stupita, spiazzata, curiosa di conoscere usi e costumi di una cultura diversa dalla mia. Mi riserverei di conoscere i membri della famiglia prima di giungere a conclusioni. 
…Sarei spaventata, preoccupata, prevenuta. D’impulso penso che proverei un pregiudizio. Poi cercherei di approfondire la conoscenza.
Chiassosi e numerosi Che si debbano integrare e abbiano bisogno di aiuto Che il giorno che deciderò di vendere il mio, dovrò tenere nascosto che sono i miei vicini. Alcune risposte che fanno emergere alcune immagini stereotipate dei RSC.
3. Ti viene chiesto di effettuare una visita domiciliare per la valutazione del bisogno socio-sanitario di un paziente. Nel verificare l’indirizzo scopri che la persona vive all’interno di un campo rom. Cosa pensi in quel momento? Come pensi di organizzare la visita?” …Non ho pregiudizi iniziali, mi comporterei come per qualsiasi altra visita, effettuando la valutazione sulla base di criteri oggettivi.   Anche in questo caso la maggior parte dei partecipanti ha risposto con una affermazione negata “non ho pregiudizi”, dicendo che si comporterebbe come qualsiasi altra visita (formulazione ricorrente anche nelle risposte precedenti) e ricorrendo a criteri oggettivi.
…Mi accerterei di poter accedere al campo senza difficoltà, organizzerei se possibile la visita con un collega già esperto, con l’ausilio della macchina aziendale, in compagnia di un mediatore linguistico di nazionalità rumena o bulgara, un mediatore interno del campo, contatterei associazioni e istituzioni che operano in quella realtà. In questo caso le persone hanno descritto cosa farebbero concretamente per organizzare l’intervento.
Penserei che ci troviamo di fronte a un bisogno complesso in un contesto particolare, per questo motivo penserei che la visita sarà più complessa del previsto che potrei incontrare alcune difficoltà e sapere dove vado mi può aiutare a gestirle al meglio. Probabilmente avrei un po’ di timore ad entrare in una realtà che conosco poco, rischiando di comportarmi in modo inadeguato. Penserei che sarà importate instaurare fiducia, che mi troverò davanti a persone svantaggiate e vulnerabili. Una volta dentro l’abitazione di questa persona, per prima cosa mi presento e spiego i motivi della mia presenza usando un linguaggio non invasivo e un tratto cortese e disponibile all’ascolto. Il sentire le parole che mi verranno dette e che daranno il senso alle loro problematiche, mi consentirà di tradurre in termini operativi la quantità e la qualità dei bisogni sociosanitari espressi. Quest’ultima tipologia di risposta sembra cogliere maggiormente la complessità del contesto e il tipo di intervento che ne dovrebbe seguire.
4. Al tuo servizio giunge una donna di 33 anni alla sua nona gravidanza, per una condizione di gravidanza a rischio e bisogno di supporto sociale per gli otto figli. Parlando con la donna scopri che ha diversi precedenti penali e diverse condanne a suo carico mai scontate per rinvii nell’esecuzione della pena dovuti alle precedenti gravidanze. Come ti poni nella presa in carico di questa donna?   …Prenderei in carico il bisogno di salute della donna senza assumere atteggiamenti giudicanti, come qualsiasi altra utente che si rivolga al servizio dove lavoro.   Anche in questo caso la maggior parte dei partecipanti ha risposto che tratterebbe la paziente come qualsiasi altra donna. Tuttavia, è stato fatto notare ai partecipanti durante la restituzione che proprio tale atteggiamento di presunta neutralità sembra essere tra le principali cause delle diseguaglianze nell’assistenza sanitaria.
…Per prima cosa ascolterò cosa ha da dirmi e con molta probabilità le chiederò di narrare la sua storia. Cerco di approfondire e raccogliere tutte le informazioni utili per fare una prima valutazione ed attivare il sistema di interventi necessari al caso. Questo altro tipo di risposta sembra suggerire un approccio di tipo narrativo che si mette in ascolto della storia della persona.
…Penso che chiederei aiuto, se mi fosse consentito, ad altri colleghi. Avrei il timore di non essere in grado di gestire autonomamente la cosa in quanto motivata da una componente di giudizio preponderante, che potrebbe interferire con la mia capacità di gestire la cosa al meglio. Si è deciso di riportare questa unica risposta perché dimostra come una buona consapevolezza rispetto ai propri pregiudizi può aiutare a compiere delle scelte che vanno verso la tutela della salute del paziente.
…Concentrerei l’intervento principale sulla donna e la sua propensione a delinquere. Ragionerei sul fatto che la gravidanza non può essere utilizzata come escamotage per non scontare una pena, ma essere madre presuppone delle responsabilità. Quest’ultima tipologia di risposta sembra essere più concentrata sui comportamenti sociali della donna e come fare per correggerli piuttosto che sulla sua salute.